12 Maggio 2021

Un livido di carta

“La seconda volta che l’ho incontrata ero Bruto.
Pochi minuti prima dietro le quinte del teatro della scuola aspettavo il mio turno per entrare in scena. Avevano scelto me, anche se ero tra i più piccoli, per interpretare il nemico di Braccio di Ferro. Forse perché ero alto e massiccio nonostante i miei sei anni. Ero orgoglioso mentre ripassavo la mia battuta rigirandola con la lingua tra i denti.
-Non perdere il cerchio di carta- era stata l’unica raccomandazione della maestra.
Braccio di Ferro grazie agli spinaci mi avrebbe tirato uno dei suoi mitici pugni. E quel livido di carta appiccicato sul mio occhio con lo scotch avrebbe sancito la sua ennesima vittoria.
Lo trasferivo da una mano sudata all’altra. Ad ogni passaggio lasciava inchiostro di pennarello nero sui polpastrelli.
Appena sono entrato in scena tutta la platea è scoppiata a ridere. Non capivo. Secondo le mie previsioni la risata doveva essere solo dopo il pugno. Cercavo di recuperare le quattro parole della mia battuta quando ho incrociato i denti bianchissimi e ghignanti dei genitori seduti in prima fila.
La nube gialla è arrivata allora e mi ha avvolto. Sono scappato giù dal palco prima che le lacrime fossero visibili. Della mia faccia nera d’inchiostro ho scoperto solo molto dopo”

“E la prima?”

“Cosa intendi?”

“Hai detto che questa è stata la seconda volta”

“La prima è stata l’estate precedente quando ho scoperto che la vergogna era gialla come la mia pipì sul materasso steso nel cortile della nonna ad asciugare al sole”.

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